La resa dei Conti

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AICEP – NEWS / 26.11.2013

A proposito delle recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato di Enel nella sua audizione al Senato, evidenziamo di seguito un commento della Staffetta Quotidiana  nonché l’indiretta risposta del Presidente Morgantini pubblicata sul QE in data 22 novembre us :

 a)      Gionata Picchio - Staffetta Quotidiana,  22-11-13 

 La resa dei Conti

Nei momenti di crisi, si sa, emergono con più forza i desideri di unità ma anche, e spesso con forza anche maggiore, le spinte alla divisione.

Che sia anche il caso dell'energia lo dimostra, tra le altre cose, la recente audizione in Senato dell'ad di Enel, Fulvio Conti, nel quadro dell'indagine sui prezzi di elettricità e gas.

In una fase di grave difficoltà del settore, nelle parole del primo operatore italiano si leggono, accanto alle note istanze degli elettrici, numerose fratture. Non solo le più recenti e palesi, prima tra tutte con le rinnovabili, ma anche contrapposizioni più vecchie e semi-sopite, ad esempio con gli energivori, o più “carsiche”, come quella tra società pubbliche e private - o ancora (perfino) tra queste ultime.

Non è nuova certo la critica di Enel agli incentivi alle rinnovabili. Gli argomenti sono in gran parte i soliti: il boom degli oneri, ormai prossimi a rappresentare il 20% della bolletta domestica, che ha più che compensato il calo dei prezzi all'ingrosso. Calo che pure nel 2013 (salvo offerte a prezzo fisso) era arrivato fino ai prezzi  retail.

Una polemica che per Enel e gli altri produttori fa il paio con la denuncia della crisi del termoelettrico. E con l'auspicio di un capacity payment che impedisca la messa in conservazione – leggi quasi-chiusura – di molti impianti convenzionali. In gran parte non Enel, ha precisato l'ad. Ma è un fatto che il tema sta riavvicinando sempre più il maggior socio di Assoelettrica e i “transfughi” di Energia Concorrente.

Negli argomenti di Conti però c'è anche del nuovo.

Per la prima volta, almeno in modo così esplicito, Enel ha preso una posizione netta sulla ripartizione degli oneri di sistema tra consumatori domestici e industriali. Con un duro “uno-due”, da un lato contro l'esenzione di cui godono le industrie in Germania, secondo Conti in odore di aiuti di Stato, e dall'altro sulle Reti Interne di Utenza, che consentono a buona parte del manifatturiero italiano di non pagarli generando, secondo Enel, un sovracosto di 2 miliardi per gli altri consumatori.

La novità non sta tanto nelle questioni in sé quanto nel riferimento esplicito e apertamente polemico ai consumatori industriali energivori.

Dopo numerose fasi di forte conflittualità,  l'ultima volta nel 2007-09, produttori di energia e consumatori industriali da qualche anno sembravano aver raggiunto una non-belligeranza. 

Una pax electrica, come si chiamò al tempo, che pareva resistere anche nell'attuale fase di crisi. Almeno a giudicare dalle dichiarazioni coincidenti sul peso degli incentivi,   veicolate spesso dalla voce unica del vice presidente di Confindustria Regina e dagli ormai rarissimi (almeno in pubblico)  scambi di accuse su prezzi e sussidi.

Per questo colpisce il riferimento esplicito ai consumatori industriali: segno che forse, di fronte alla crisi e alla difficoltà di  veicolare  le proprie istanze al decisore pubblico, le cautele diplomatiche prima o poi vengono meno.

Parlando della “nuora” a Bruxelles perché la “suocera” a Roma intenda, Conti ha in pratica bocciato l'idea di sgravare degli oneri le industrie a danno delle famiglie – scelta su cui peraltro, come spesso segnalato, il governo italiano non sembra ancora avere le idee chiare. Una bocciatura dovuta forse non solo ad affetto verso le famiglie italiane ma anche al fatto che il boom delle componenti “A” rende arduo lo sviluppo del mercato libero retail – altro tema dell'audizione – e (la malignità è tutta nostra) del tutto impraticabile introdurre nuove componenti a remunerazione della capacità.

Secondo: l'attacco alle Riu - introdotte nel 2009 senza troppi clamori da un emendamento del governo alla legge 99/09 e lodate dall'allora capo dipartimento energia del Mse Bortoni come sussidio Ue-compatibile (ma sempre sussidio) – è sì diretto anche ai Seu (quindi ancora una volta alle rinnovabili), su cui da mesi è in corso una dura partita. Ma per sferrarlo Conti non ha rinunciato ad accusare (in pratica) di parassitismo buona parte della grande industria nazionale: dalla Fiat, agli acciai di Terni, alla Lucchini, a Barilla, all'Ilva. Tutti grandi consumatori, ma anche altrettanti membri di quel mondo confindustriale (o ex tale) che in questi anni ha polemizzato col rafforzamento delle società pubbliche a Via dell'Astronomia. Senza dimenticare Eni, di recente trovatasi in una trincea diversa da Enel sugli asset russi di Severenergia. Insomma, un vero scontro tra poteri forti.

Nell'attuale fase il rischio è che davanti alle difficoltà la risposta diventi il “tutti contro tutti”. Una sorta di fosco contraltare all'ambizioso progetto del neo-presidente di Confindustria Energia Malacarne:  un'energia unita al suo interno e in relazioni costruttive con l'esterno.

b)      Nino G. B. Morgantini - QE, 22-11-13  

Seu-Riu e oneri di sistema

La crisi del termoelettrico: " Non ci si può fare una guerra tra poveri"

Non ci sembra che sia una soluzione né logica, né giusta, né equa quella di ricuperare risorse, per aiutare il termoelettrico, da chi, costretto dai prezzi in Italia, tra i più alti d'Europa, ha dovuto trovare delle alternative,    investendo in proprio per realizzare delle RIU o dei SEU,  che gli consentissero una diminuzione di costi necessari alla sopravvivenza.

I soggetti, che hanno realizzato questi sistemi, gli oneri generali li hanno già pagati in anticipo sull'investimento fatto.

Si cadrebbe dalla padella nella brace: oltre alla chiusura del termoelettrico, che necessita sicuramente un supporto diverso dall'attuale "capacity payment" si chiuderebbero anche fabbriche strategiche, che soffrono anche di più dei loro fornitori d'energia elettrica perché esposti alla concorrenza internazionale, mentre il mercato dell'energia come ben sappiamo è naturalmente protetto dalle capacità sugli interconnectors.

Non ci si può fare una guerra tra poveri;   se le fabbriche chiudono, i guai per il termoelettrico aumenteranno.

Sarebbe piuttosto preferibile cercar di attivare, per i grandi consumatori energivori che possano garantire un utilizzo delle potenze impegnate per almeno 7000 ore equivalenti, contratti bilaterali pluriennali con livelli di prezzo dell'energia termoelettrica su base  carbone (come avviene in Germania).

Non si può comunque pensare di mantenere i lauti margini ai produttori da FER (senza dimenticare che Enel Green Power è il maggiore produttore italiano) penalizzando non solo tutti i produttori del termoelettrico, ma anche i consumatori energivori, che sono in assoluto, sia per le modalità di prelievo, che per l'utilizzo della potenza impegnata, i clienti accoppiabili in maniera ottimale con impianti di produzione d'energia non intermittente (carbone).

La proposta che circolava di diluire nel tempo gli incentivi alle FER sembra che sia accantonata per evitare di trasferire alle generazioni future una quota dei relativi oneri, maggiorata anche degli interessi.

Questo è un atteggiamento apprezzabile ed anche abbastanza condivisibile, ma pensar di lasciar loro un Paese deindustrializzato sarebbe forse peggio che lasciar qualcosa da pagare.

Le RIU sono state create da quei consumatori "energivori" negli anni '90, - quando ENEL non poteva investire in nuove centrali occorrenti per allinearsi con le richieste di potenza -, che si sono attivati per costruire o far costruire  adeguati impianti di cogenerazione o di cicli combinati di alta efficienza nei loro siti industriali.

Così facendo non hanno provocato costi al sistema elettrico nazionale, ma sono potute sopravvivere ed anche crescere per l'efficienza del sistema creato; perché dunque dovrebbero oggi pagare oneri su un consumo di energia elettrica che non viene dalla rete.