Revisione Certificati Bianchi - La posizione AICEP

Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 

L'intervento. Riforma Tee, il rischio di buttare via il bambino con l'acqua sporca

Sicuramente ci sono aspetti sensibili da rivedere, ma si può intervenire senza modificare completamente lo strumento. La proposta Mise va in un'altra direzione

di Giuseppe Pastorino*
 
ROMA 6 OTTOBRE 2015
Il documento presentato dal Mise recante "Proposte per il potenziamento e la qualifica del meccanismo dei Certificati Bianchi" rischia di diventare il classico esempio in cui, per cercare di migliorare elementi di dettaglio di un sistema complesso che funziona, si finisce per snaturarlo e renderlo inefficace.

Per stessa ammissione del ministero, confermata dall'Autorità in occasione della recente audizione presso la X Commissione del Senato, il meccanismo dei Certificati Bianchi ha portato risultati molto positivi dal momento della sua introduzione fino ad oggi, diventando uno degli strumenti più efficaci, se non il più efficace, per il miglioramento dell'efficienza energetica e per il perseguimento degli obiettivi della Strategia energetica nazionale. Per una volta, in più, il sistema si è dimostrato virtuoso anche in termini di costi complessivi per la collettività evitando il classico vizio all'italiana di buttare la sporcizia dalla porta per farla rientrare dalla finestra: anche su questo aspetto l'analisi dell'Autorità è molto chiara e dimostra che il costo complessivo è sostenibile e largamente inferiore ai benefici complessivi che determina.

Allora perché rischiare di rompere il giocattolo?

Sicuramente ci sono degli aspetti sensibili che sono da rivedere e migliorare in particolare per quanto riguarda la certezza su tempi, ruoli e responsabilità, i criteri di eleggibilità dei progetti, la necessità di dare maggiore certezza ai soggetti implicati e di evitare ogni forma di abuso o speculazione. Ma si può intervenire su questi aspetti senza bisogno di modificare completamente la natura e le finalità dello strumento.

La proposta del ministero invece sembra proprio andare nella direzione non della modifica per migliorare e eliminare difetti e punti critici, ma della costruzione di uno strumento diverso e con altre finalità.

Come espresso in maniera più dettagliata nel documento di risposta al Dco redatto da Aicep (il testo completo è disponibile nella sezione Documentazione del sito), le nuove linee guida proposte dal ministero prefigurano infatti uno strumento di incentivazione alla ricerca e innovazione, tema certamente nobile e di cui l'Italia ha gran bisogno, ma molto diverso da quello dell'efficienza energetica.

I criteri proposti per la definizione di baseline e addizionalità, oltre alla possibilità di mettere in discussione l'eleggibilità dei progetti praticamente fino alla fine della loro vita tecnica, vanno esattamente in questa direzione, garantendo l'accesso ai certificati bianchi solo per la prima applicazione di una nuova tecnologia innovativa. Tutti quelli che arrivano dopo, magari per ragioni legate al ciclo di vita dei loro impianti, rischiano di essere tagliati fuori o, nella migliore delle ipotesi, di subire una forte penalizzazione.

Perché?

Se un sistema o processo apporta un miglioramento nell'efficienza energetica lo fa anche se non è il primo caso di utilizzo in Italia. E se un sistema o processo è efficiente, lo è per tutta la sua vita tecnica senza bisogno di dimostrarlo o metterlo in discussione per un periodo esageratamente lungo.

La proposta di revisione dei criteri di definizione di vita utile e vita tecnica e delle modalità di riconoscimento dei certificati bianchi rischia, invece, nelle due opzioni presentate, di ridurre drasticamente il periodo di "premialità" o , in alternativa, di creare un sistema estremamente complesso e burocratico di consuntivazioni e verifiche fonte di grande incertezza per gli operatori industriali e di un potenziale enorme volume di contenzioso. Due scenari certamente disincentivanti che rischiano di rendere meno attrattivo il meccanismo dei certificati bianchi.

D'altra parte non è assolutamente in discussione la necessità di escludere dai benefici gli interventi di mera sostituzione di impianti a fine vita o tecnologicamente obsoleti e la definizione di un sistema di doverosi controlli per evitare ogni forma di abuso o speculazione in caso di arresto o forte riduzione dell'attività o mancato utilizzo dell'intervento di efficientamento energetico.

Si deve però trovare una via che dia certezza nei risultati e visibilità di tempi e durata dei benefici perché nello scenario attuale, che già presenta innumerevoli e sempre più ampi spazi di imprevedibilità, chi vuole fare investimenti nell'industria ha bisogno più di ogni altra cosa di ridurre le incertezze.

Quindi ben vengano regole ben definite e che tutti devono rispettare, ma che siano chiare, gestibili sul lungo periodo e coerenti con gli obiettivi di fondo: solo così l'efficienza energetica potrà ulteriormente rafforzare il proprio contributo alla competitività dell'industria italiana.


*Presidente Aicep
                               

Informazioni aggiuntive